Dopo una lunga e tormentata attesa, la SEC ha finalmente approvato undici ETF Spot, presentati da diversi promotori, tra cui spiccano Blackrock e Grayscale. Questa decisione apre le porte a tutti i risparmiatori che potranno accedere e investimenti in Bitcoin tramite strumenti finanziari regolamentati, evitando la necessità di gestire wallet o chiavi crittografiche, nonché di ricorrere agli exchange, con tutti i rischi associati alla custodia e all'operatività. I risultati finora sono stati sorprendenti: nella prima settimana di negoziazione, i volumi hanno raggiunto la stratosferica cifra di 10 miliardi di dollari, nonostante un calo significativo del prezzo dell'asset sottostante successivo, oggi in grande ripresa.
Dopo l'euforia iniziale dei sostenitori di questi asset, resta la curiosità su come questa tanto attesa decisione negli Stati Uniti influenzerà direttamente i mercati, le borse e le banche europee, e, non da ultimo, le autorità regolatorie comunitarie. È probabile che queste ultime si interroghino sull'opportunità e sulle modalità di un'eventuale emissione di prodotti simili sul mercato europeo.
L'Europa contrariamente agli Stati Uniti se in un primo momento ha mostrato inattività, consentendo alle aziende del settore di cercare la migliore giurisdizione, ha successivamente affrontato il problema con decisione, mirando a fornire agli Stati membri una regolamentazione ampia e uniforme sul fenomeno delle criptoattività, compresi i token crittografici, le stablecoin, gli NFT e i fornitori di servizi correlati.
L'obiettivo ultimo è proteggere i consumatori e creare un ambiente sicuro per lo sviluppo del settore.
Dopo i primi passi nel campo dell'antiriciclaggio con la IV e la V direttiva AML, nel corso del 2024 il Consiglio Europeo ha emesso quasi contemporaneamente la MiCAr, che introduce una tassonomia e una regolamentazione dettagliata delle cripto-attività.
Gli aspetti tecnologici, specialmente quelli legati ai smart contracts, sono stati in parte inclusi nel recente Data Act, e si prevede un intervento per stabilire principi fiscali comuni nei prossimi anni.
Negli Stati Uniti, invece, a causa di una partenza frammentata dei singoli Stati, della politicizzazione della questione a fini elettorali e dell'atteggiamento diffidente e contrario del Presidente della SEC, non si è ancora intervenuti sulla sostanza. Tutte le energie sono state invece concentrate nell'analizzare minuziosamente ogni aspetto delle procedure di offerta di prodotti derivati nel mercato finanziario tradizionale.
Gli argomenti delle approfondite discussioni con i proponenti di prodotti finanziari basati su Bitcoin hanno riguardato principalmente la custodia degli asset, le misure di sicurezza e i presidi contro i rischi di manipolazione e frodi di mercato.
L'approccio europeo sembra essere decisamente neutro riguardo alla natura dell'asset Bitcoin e alla sua idoneità come sottostante per i prodotti finanziari, concentrandosi piuttosto sulla verifica dei requisiti formali per l'ammissione alla negoziazione di prodotti correlati.
Tuttavia, sembra improbabile che l'Europa segua la strada percorsa da Wall Street. Ci sono diversi ostacoli allo sviluppo massivo degli ETF sulle criptovalute nel continente, principalmente la direttiva UCITS del 2009 sugli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari. Le valute virtuali non sono incluse nella direttiva della Commissione europea sulle attività ammissibili per i fondi UCITS. Inoltre, i prodotti negoziati in borsa già esistenti nel continente forniscono risultati simili in termini di opportunità di investimento.
In sintesi, sebbene non sia probabile un intervento simile a quello degli Stati Uniti nel breve termine, i risparmiatori europei possono comunque considerare soluzioni analoghe nei singoli stati europei o accedere alle stesse opportunità di investimento attraverso ETF americani, alcuni dei quali offerti da banche ed istituti finanziari nazionali.
A cura di: Graziella Calciano - &MAGAZINE - Diritto Economia e Cultura