Dissensi, divergenze e dimissioni, un vero e proprio terremoto ai vertici che nei giorni scorsi ha visto il titolo di Carige affondare, cedendo circa il 3%, con azioni quotate a 0,0077 euro.
I motivi di dissenso all’origine delle dimissioni sia del Presidente Giuseppe Tesauro che del consigliere indipendente del C.d.A. Stefano Lunardi, dimissioni presentate entrambe tra il 26 e il 27 giugno, sono gli stessi e si sintetizzano in queste frasi dei dimissionari:
“il sussistere di motivi di dissenso e divergenze con l’organo di governo della società per quanto riguarda la gestione aziendale e la visione di governance” e ancora “la Bce scrive e dialoga direttamente con l’A.D. Paolo Fiorentino e solo marginalmente col Presidente”.
In conseguenza di queste dimissioni, le funzioni di Tesauro saranno assunte dal Vicepresidente Vittorio Malcalza, che provvederà a convocare l’assemblea dei soci. Un’assemblea che si preannuncia non facile, dove potrebbe scatenarsi una lotta tra lo stesso Malacalza e i fondi (Capital Investment del finanziere Raffaele Mincione, Pro Recco Gabriele Volpi e SGA, ex bad bank di Banco di Napoli), che potrebbero arrivare a chiedere un rinnovo totale del consiglio.
Doppia non facile incombenza, dunque, per Paolo Fiorentino al quale la Bce ha chiesto di portare a termine il piano di rilancio della Banca Carige già in essere e di sanare il vuoto lasciato dalle doppie dimissioni dei giorni scorsi, nominandone i successori.
Il rinnovo del consiglio permetterebbe a Fiorentino di limitare il peso della faniglia Malacalza, ma contemporaneamente potrebbe privarlo del consenso fin qui incassato ai suoi progetti di risanamento e rilancio. Si capirà di più dopo il 10m luglio 2018, data del prossimo c.d.a., che precederà di un mese il board di approvazione dei conti.
Dopo l’aumento di capitale di 500 milioni e una massiccia cessione di crediti deteriorati, il piano industriale in atto prevederebbe l’emissione di un prestito subordinato fino ad altri 500 milioni, ma questo passo delicato non è ben visto dagli azionisti. Difficoltà non da poco, dunque, per l’A.D. che, pur contando su due “alleati” del calibro di Bce (che spinge sul completamento del piano) e della politica, locale e non, al prossimo consiglio di amministrazione potrebbe dover insistere e accelerare su misure non gradite agli azionisti e nuovi equilibri al vertice.
Vedremo, dunque, come procederà il percorso di una banca che, solo nel 2016 sembrava prossima al fallimento e che oggi, nonostante le molte difficoltà, “è in buone condizioni di liquidità e ha ancora molto da vendere per completare il risanamento, dagli immobili alla collezione artistica”, come affermato dal presidente dimissionario Giuseppe Tesauro.